Le Marche: racconti e immagini

Le MARCHE sono narrate anche nel romanzo "LE RICORDANZE", di Riccardo Ricci, ambientato a Petritoli, che nel romanzo ha il nome di Roccapetrina. Come ogni altro paese là intorno, siede su una collina, è una piccola città, un paese con una storia antica che risale al Medioevo. Uscendo dalle mura storiche e percorrendo antiche ci si affaccia su panorami irripetibili e senza tempo, tra cieli e montagne, lungo il corso di fiumi che nascono dai Monti Sibillini e corrono verso il magnifico mare Adriatico, verso antichi borghi di pescatori. I protagonisti del romanzo sono narrati tra autobiografia e storia contemporanea.

sabato 31 dicembre 2011

Ricordo di Don Guerriero Passamonti

di Giuseppe Ricci
In passato anche nelle realtà di provincia si potevano trovare persone che si dedicavano ai giovani con l’intento di dare loro cultura e un futuro migliore.
Spesso questo veniva fatto da sacerdoti che si dedicavano a fornire quei mezzi per acquisire alcune capacità che la scuola e la famiglia non era in grado di dare.
Una di queste era l’istruzione musicale, trascurata da tutti i programmi scolastici. Solo le famiglie ricche potevano dare ai propri giovani questa istruzione in quanto in grado di pagare i maestri di musica.
Don Guerriero ha dato, fra le altre cose, ai giovani questa possibilità.
Per altro era lui stesso un musicista di cultura e preparazione molto accurata.
La sua “Messa Ritmata per i Giovani” è un esempio di utilizzo della sua ampia conoscenza musicale sacra e profana che gli ha permesso di realizzare una composizione nel solco della tradizione, ma orientata ad essere apprezzata dalla giovane generazione usando gli strumenti da questa amati e in cui avevano particolare confidenza come la chitarra e la batteria.
In questo modo ha potuto dare ai giovani una conoscenza di una delle forme d’arte più importanti della nostra Italia, li ha collegati con una tradizione culturale e, ad alcuni, ha fornito una strada di sviluppo professionale.
capitolo_1
Anche ora Don Guerriero è presente tra noi per quello che ci ha dato, anche se per noi tutti è rimasta una sensazione di perdita da quando ci ha lasciati.
Purtroppo il suo paese ora è cambiato, sia la sua opera sia quella di altri che si sono prodigati per lo sviluppo sociale e culturale non ha più interesse e quindi si è snaturata la tradizione di cooperazione e di solidarietà che ha sempre contraddistinto sia il capoluogo sia le campagne.
Ora gli stessi amministratori fanno a gara a mettere in difficoltà i propri cittadini scaricando su questi oneri e compiti che sono di loro competenza. E nulla si può fare perché l’inerzia ed il menefreghismo non sono sanzionabili in quanto gli organi di controllo o non ci sono o non se ne vogliono occupare.
S_Natoglia_1
S_Natoglia_2
In passato molti cittadini petritolesi sono andati via per cercare lavoro, alcuni sono tornati per ritrovare il calore della propria terra, ma ormai è tempo per questi di andarsene definitivamente.
Si sopporta nelle grandi città il diventare sudditi di burocrati assurdi, si sopporta la mancanza di servizi adeguati, si sopporta la mancanza di tradizioni positive perché si considera un luogo alieno dalla propria cultura e tradizione.
Quando questo avviene nei nostri luoghi di origine e proprio chi cerca di danneggiarci è una persona che conosciamo bene allora il luogo è diventato un posto come un altro dove non vale la pena di restare e spendere soldi per artigiani, muratori, fabbri, elettricisti, ecc. anche se la propria famiglia ha lì dato una storia quasi millenaria di solidarietà e di sviluppo.
Questa rottura nella tradizione e soprattutto nella capacità di accogliere i forestieri in questo luogo si tocca con mano e si vede bene con l’incapacità di incorporare gli immigrati albanesi, rumeni, di nazione araba che restano e vogliono restare con le loro idee e tradizioni in quanto considerano i nativi una razza senza connotazioni e con cui non si vogliono mischiare. Specialmente se sono soggetti a questi atteggiamenti di mancanza di amicizia (o peggio) per cui gli stessi petritolesi della diaspora e che erano tornati sono costretti a scuotere la polvere dai propri calzari ed andarsene.
Comunque, nella speranza che qualcuno raccolga questo invito a liberarsi degli affaristi e dagli incapaci e ritorni alle tradizioni riporto nelle figure la trascrizione di Santa ‘Natolia fatta da Don Guerriero.
E non è la stessa cosa di promuovere inverosimili feste campagnole. Questo è un messaggio per quanti intendono occuparsi di musica ed è una base di lavoro. Non è riprodurre vieti archetipi campagnoli che servono solo (e temporaneamente) ad attirare turisti.
La tradizione non è un museo fotografico o di saltarelli, è una ricchezza che è stata sciupata e che ha distrutto anche il lavoro di persone che si sono dedicate al paese senza secondi fini.
Prossimamente riporterò i testi musicali, di cui sono in possesso, che don Guerriero ci ha donato.
Il testo
TestoS_Natoglia
S. ‘Natoglia
Te so visto boccà Santa ‘Natoglia
In compagnia de 'nantre tre fandelle
Eriate gaie come le farfalle
Ma la più bella grazia era la toia:
me pare de sentilla la risata
me pare de vedellu lu musittu
cha fra li tanti era lu più bellittu
e tutta la sua grazia era ‘leata
Te so visto Rusì che jì zurlenne
Tra li fiori de sulla e po de core
Passato non è ancò lo mio amore
Te so visto Rusì che jì zurlenne
E mo candenne te lo voio dì
Che non posso più sta senza de te
Co sta chitarra te voio sonà,
che tu da volé bene solo a me
e mo candenne te lo voio dà
'stu core mio che pena assai pe' te.

domenica 18 dicembre 2011

Giunge la sera rosseggiante come ali di fuoco

Ci sono ancora delle leggende tra gli anziani di campagna, anche  a Petritoli. Uno di loro mi ha raccontato che non ama le quercie, perchè "i vecchi antichi" erano sicuri che fossero abitate dalle streghe...
Non è da credere che sia vero, ma in particolari condizioni di luce, di Novembre, quando le tenebre calano più rapidamente sulla terra è difficile vedere e capire chiaramente cosa accade in mezzo a  quelle foglie che non si staccheranno dai loro rami che con la prima neve.

Un paese dove tornare, un paese per vivere

Nel mondo globalizzato che senso ha un paese? Non è una vera domanda. O meglio non lo è per me. Io non ho un paese. Non ne sento molto la mancanza; e non ho neanche una vera città che considero mia. Ma questa è un’altra storia che racconto altrove.
Però conosco almeno un paese?
La domanda è polemica?
Forse no. Conosco quello di adozione, quello in cui sono nate persone importanti per me.
Oggi un paese è spesso la clonazione di un luogo qualsiasi purchè mercificabile; e quasi nessuno sfugge a questa logica crudele. Non possiamo pretendere di cristallizzare una realtà per farla assomigliare a una cartolina d’altri tempi.

Si può però contare sulla cultura; invece quando si parla di paese si cede subito alla logica del turismo mangereccio, della festa chiassosa col comico o il cantante, sul ripristino di qualche usanza folcloristica.
Tutto ciò non è ancora “paese”. 
Un paese è appartenenza distintiva e rispetto di sé. E storia e arte. E’ ricordo e memoria. Si fa fatica a trovare tutto ciò.
Uno scorcio del Teatro dell'Iride dalla mia finestra
(Petritoli - FM)

Ma cercandolo e soprattutto passando per antiche strade con rispetto si può ancora distinguere il chiasso dal suono, la decorazione artificiale dal bello e misterioso che c'è.


Per questo possiamo apprezzare chi con fatica non costruisce o meglio ri-costruisce memorie del passato e le tiene vive ma opera in modo  che anche il presente sia risonanza e ripresa, sia proposta e sguardo verso la continuità proiettata nel futuro. 


Un teatro sempre attivo, ad esempio, costruisce futuro e mantiene vivo il passato più bello.
Un paese e un teatro, ecco un esempio significativo, proprio quello che cercavo.